Italiano, questo sconosciuto: Analfabetismo di ritorno

2 Nov

“Venghino, venghino, Signori!”

Un articolo fresco di giornata di Maurizio Crosetti, impone una seria riflessione sull’analfabetismo rampante e di ritorno
che imperversa in Italia in maniera trasversale, e non riguarda più solo gli studenti di ogni ordine e grado…
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Nel social network “La Scuola che Funziona”, qualche anno fa nacque una discussione, generata da un bell’articolo di Maurizio Crosetti pubblicato su           La Repubblica l’8 dicembre 2009: “Italiano, questo sconosciuto”.

La discussione si è dipanata a lungo e ci sono stati numerosi interventi favorevoli o contrari alla tesi, sostenuta dall’articolo, che stiamo assistendo in questi ultimi anni ad un preoccupante e strisciante fenomeno di analfabetismo di ritorno.

Riportiamo qui alcuni degli interventi più significativi, nella speranza di stimolare la discussione su questo tema di scottante attualità…linguistica.

Questo il titolo e le parti essenziali dell’articolo:

Italiano, questo sconosciuto:
“Studenti quasi analfabeti”

di MAURIZIO CROSETTI   (La Repubblica – 8 dicembre 2009)

[ ] …Come nasce lo “studente analfabeta”? Quando comincia a diventarlo?          “I guasti iniziano nella scuola dell’obbligo”, risponde Tullio De Mauro, il padre degli studi linguistici italiani.                                                                                                  “Il buonismo degli insegnanti ha fatto grossi danni, ormai si tende a promuovere un po’ tutti e non si sbarra il passo a chi non è all’altezza.  Ma il disprezzo per la lingua italiana risiede anche in certi romanzi di nuovi autori, pieni di parolacce e di inutili scorciatoie, e nel linguaggio sempre più sciatto dei giornali dov’è quasi scomparsa la ricchezza della punteggiatura”.

[ ]…“Credo che il predominio dell’inglese stia nuocendo all’uso dell’italiano”, sostiene il noto linguista Gian Luigi Beccaria. “Ormai è necessario alfabetizzare adulti e ragazzi, e la colpa è di un intero percorso scolastico che non sempre funziona. Le lacune nascono da lontano. Inoltre, l’uso esclusivo di telefoni cellulari e computer come strumenti di comunicazione non aiuta la nostra lingua: l’italiano sta regredendo quasi a dialetto”. Lasciando perdere gran parte della narrativa italiana contemporanea, dov’è possibile far tesoro della lingua giusta?                                                                                                       “Leggendo o rileggendo autori esemplari per pulizia dello stile e chiarezza: penso a Primo Levi, a Calvino, ma anche a Pirandello e Pavese”. 

[ ]…Secondo recenti e sconfortanti statistiche, il venti per cento dei laureati italiani rischia l’analfabetismo funzionale, cioè la perdita degli strumenti minimi per interpretare e scrivere un testo anche semplice. E la percentuale sale tra i diplomati: trenta su cento possono diventare semi-analfabeti di ritorno. Una delle cause può essere l’abbandono della grammatica e della fatica della sintassi: già alle medie non si studiano quasi più, figurarsi al liceo.

[ ]…“Siamo di fronte a un’autentica violenza nei confronti della parola”, risponde Giovanni Tesio, critico letterario e docente all’Università del Piemonte Orientale. “Ma non dipende solo dalla scuola: la colpa è anche delle famiglie e dei modelli culturali. La prevalenza dell’immagine porta a una disattenzione verso i testi, e comunque è vero che mancano le basi. Me ne accorgo correggendo tesi di laurea non solo scritte male, quello sarebbe il meno, ma anche piene di strafalcioni. Perché per decenni si è demonizzata la grammatica, come se tutto dovesse essere facile e divertente.                                                    “Ebbene, a scuola non tutto può né deve essere facile e divertente”.

Ecco gli interventi più significativi…

Risposto da Noa su 10 dicembre 2009 / 16:23

“Io penso che sia [anche] una questione di amor proprio.                                                          [I giovani] Curano l’abbigliamento ma non appartiene loro l’idea che anche la scrittura di un testo è un modo di apparire. Vedo mio figlio che inizia a curare i disegni, a definire i particolari, ma non si cura delle doppie, ignora gli accenti, sorvola sulle acca. Però ogni tanto fa le prove di bella calligrafia, perché quella “appare”. Chissà.
La tecnologia secondo me svela, non è certo la causa di tutto questo.                       Anche se facilita: la scrittura veloce avvalla il refuso, sdogana gli svarioni, ma è facile riconoscerli dai veri strafalcioni.”
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Risposto da M. Antonella   13 dicembre 2009 / 0:33

” Sì, Noa,
anch’io penso talvolta che gli errori di ortografia che fanno i nostri alunni,
(dalle elementari alle superiori), siano dovuti più ad una forma di trascuratezza e di noncuranza che ad ignoranza vera e propria.Altre volte è una pronuncia errata, regionale, a determinare l’errore;
ad esempio in Veneto sono appunto le doppie il tallone d’achille di molti alunni,
e invano il loro insegnante li ammonisce: “Mi racomando, ragassi, atenti alle dopie!”(sic!).
Da noi, nel sud, i nostri studenti sono spesso indotti in errore da una pronuncia troppo marcata
che privilegia le consonanti sonore alle sorde e, al contrario, raddoppia volentieri:
“Mi chiamo Andonio, sono di Cambobbasso e freguendo la quinda elemendare.
Se quacche volda mi sbaglio a sgrivere, è perché mi emozziono facilmènde!”
 (sic!)
E c’è poi anche il fenomeno dell’ipercorrezione che induce qualcuno a sostituire nel parlare, e di conseguenza nello scrivere, tutte le sonore con le sorde :
“Tutto pene, pampini? Volete antare sulla ciostra e manciare una merentina?”
(questo errore di pronuncia lo fanno in verità anche i tedeschi quando parlano in italiano:
ascoltare Papa Benedetto XVI per credere!)E che dire dell’Emilia Romagna, dove una pronuncia errata costringe all’errore ortografico
i malcapitati alunni, (e non solo loro!) :
“Suvvia, ragasuole, andate sotto le doccie e lavate bene quelle faccie sudaticcie e ricordatevi di dare le mancie al custode e attente alle pronuncie delle parole in -cia e -gia !”.

Ma naturalmente la pronuncia errata, come anche la tecnologia invadente e invasiva, non è che una delle tante con-cause degli incidenti di percorso nel terreno minato dell’ortografia…

La madre di tutte le cause è a mio avviso, come anche qualcun altro ha scritto in questo forum,
l’aver dismesso la buona pratica della lettura, il fatto cioè che i nostri alunni abbiano perso,
anzi non abbiano mai preso, la buona abitudine di leggere…
Non so dove l’ho letto, ma condivido:

“Nessuno potrà mai diventare uno scrittore che non sia stato, prima, un insaziabile, onnivoro lettore”!

(continua…)

 

 

Lum@ca.jpg

Didattica della lettura e della scrittura creativa: Mediazione intersemiotica : dal quadro al testo

2 Nov

La Mediazione Intersemiotica: dal quadro al testo
Esercizio di Scrittura Creativa.

Poseidon :  corso di aggiornamento per docenti dell’area linguistica:

Italiano L1 ed L2, Lingue classiche, Lingue straniere.

Bisognava studiare e lavorare su 10 schede relative ai contenuti del

percorso di studio; una di queste “Didattica della Lettura”, curata dal

prof. Mario Ambel, docente di Italiano a Torino ed esperto di linguistica,

proponeva ai corsisti  questo   esercizio:

E, infine, un gioco… reso possibile dal ricco repertorio di immagini proposte da  Letturaweb

[http://www.letturaweb.net/jsp/index.jsp

Ciascuno di voi osservi con attenzione queste diverse immagini e poi scelga quale rappresenta meglio la sua personale concezione della lettura, assumendo l’immagine dal punto di vista simbolico, al di là del dato circostanziale.

Poi, ciascuno di voi provi a dire perché, magari in modo creativo, più vicino al … flusso di coscienza che alla scrittura argomentativa.

Ad esempio…

Si può mettere l’immagine o anche solo il link

a) Ignat Bednarik (Orsova, 1882-Bucarest?, 1963)   http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=23

b) James-Jacques-Joseph Tissot (Nantes 1836-Bouillon, Doubs 1902)

http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=442

c) Berthe Morisot (Bourges 1841-Parigi 1895)

http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=304

Henry F. Darby (1820-1897)

http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=101

Edmund Blair Leighton (Londra 1853-1922)

http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=264

Ford Madox Brown (Calais 1821-Londra 1893)

http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=44

b) James-Jacques-Joseph Tissot (Nantes 1836-Bouillon, Doubs 1902)

http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=442

c) Berthe Morisot (Bourges 1841-Parigi 1895)

http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=304

Henry F. Darby (1820-1897)

http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=101

Edmund Blair Leighton (Londra 1853-1922)

http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=264

Ford Madox Brown (Calais 1821-Londra 1893)

http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=44

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Ecco come è stato interpretato uno dei quadri…

La mediazione intersemiotica : dal quadro al testo

Esercizio di scrittura creativa :  il flusso di coscienza

Ignat Bednarik (Orsova, 1882-Bucarest?, 1963)   http://www.letturaweb.net/jsp/raccolte/gcl/immagine.jsp?id_immagine=23

 <<       …forza!  …devo concentrarmi! …non ho tempo     da perdere!…

…entro stasera devo averlo imparato tutto a memoria… poi potrò bruciarlo! …

…bruciare un libro…che peccato!…quel dommage!…

what a pity!… come dice sempre la mia amica Filly…

…ma se non lo farò io…verranno loro…su quell’infernale trabiccolo rosso con la salamandra…

…e me lo strapperanno di mano…e lo cospargeranno di cherosene…e…

…oh, mio dio! …perché i miei pensieri schiamazzano come uccelli impazziti?…

…domani forse riuscirò anche a scrivere…nascosto nel mio angolino…

povero amanuense illuso e disperato…che esiste solo nella trasgressione…

…ma ora devo leggere…memorizzare…ricordare per raccontare…

…leggere per non dimenticare…che sono un uomo, non un cavallo…

…suvvia! …ripetiamo questo capoverso!…

L’abitudine è la più infame delle malattie

perché  ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte.

 Per abitudine si vive accanto a persone odiose, si impara a portar le catene,

 a subire ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto…

…bene …se riesco a … leggere…ripetere…senza distrazioni…

…macché! …il mio cervello si sta arrampicando sul muro…come quel ragno lassù…

oppure è uno scarafaggio? …un bacherozzo,  come dicono a Roma…

…lo amo questo libro…no, lo odio!… mi inchioda … mi strazia e mi seduce…

…chi ha detto: “…afferra il libro: è un’arma” ?  Mah!…lascia stare…

…non perdere tempo…devi leggere, leggere, leggere!…

(map85)

 

Mah! Per me questo è… ARABO!

15 Apr

                                      Image

                                                                                                                                 

  MaP : “ Vera,  ma  tu ci capisci qualcosa?!”                       

V.B. : “ No!  Io  un  ci  hapisco nulla…

…per  me  questo  è  …        ARABO!!!

 

      L’ arabo  è stato da sempre considerato la lingua “difficile”  per antonomasia…

in effetti lo è, al punto che pochi tra gli stessi arabofoni sanno parlare l’arabo standard,

cioè quello classico, letterario, quello del Corano, per intenderci.

 

“…La   tradizione araba, per definire la propria lingua usa la formula :

 

        3          2        1

       اللغة   العربية   الفصحة

              1                     2                       3

الفصحة               العربية               اللغة

        al-luga    al-‘arabiyya    al- fusha

       la lingua         araba     eloquentissima

 

L’arabo standard è la lingua ufficiale di ogni stato arabo ..[].. e viene adoperato per tutto ciò che è scritto e riveste un minimo di ufficialità:          alla televisione o alla radio, a scuola, ecc.

Il dialetto  detto    darigia    دارجة   è utilizzato per tutte le altre occasioni non ufficiali

ed è perciò la lingua della comunicazione quotidiana.

  Ogni singolo arabofonopertanto potrebbe dirsi in qualche modo “bilingue” o meglio

“diglotta”, in quanto si esprime con due forme di arabo :  il classico e il proprio dialetto locale.[1]

           

Ma quali sono allora  le  caratteristiche di questa lingua e le difficoltà  che essa presenta per gli indoeuropei e in particolare per noi italiani?

Per prima cosa  la sua scrittura  va da destra verso sinistra;     

        

poi l’arabo ha un alfabeto formato da 28 consonanti più una, scritte in minuscolo corsivo e tutte attaccata l’una all’altra ad eccezione di sei lettere che non  si legano alla lettera che le segue, ma solo alla precedente :  

 poi  le uniche tre vocali (a – i – u)  non vengono scritte ma solo indicate con  segni diacritici, generando nei non – arabofoni  ambiguità ed incertezze. [2]                                                                                              

  Molto difficile risulta inoltre la pronuncia di questa lingua, in quanto presenta tutta una serie di gutturali che si producono nelle cavità più profonde della gola, della laringe e della faringe.              

Infine in arabo è ancora avvertita la quantità delle vocali, si fa distinzione tra   le vocali lunghe e quelle brevi, che, non presente in italiano, era caratteristica della fonetica delle lingue classiche. 

Le   domande   in  Arabo

 

 

L’ ARABO

appartiene alla famiglia linguistica    afroasiatica,    detta anche camito-semitica;

questa definizione deriva dalla tradizione dell’ Antico Testamento, secondo cui apparterrebbero a questa famiglia  le lingue usate dai discendenti di Sem e Cam, figli di Noè.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           

L’arabo, al contrario del Cinese, è una lingua flessiva :

vengono infatti espresse flessivamente le categorie di caso, genere, numero e definitezza,

(che viene resa con l’aggiunta dell’articolo definito   ال  “al”    all’inizio della parola  in posizione dunque di prefisso);  

 il nome    kitab    [3]  كتاب   = libro    diventa  al kitab    الكاب  = il  libro

                                                                                                                                

L’indefinitezza è invece marcata da un elemento nasale suffissale:      un  /    in   /   an                                                                                                                                                          

nominativo :      kitābun = ‘un libro’        genitivo/dativo :  kitābin                                         .                                               accusativo : kitāban;

ma l’arabo è anche una lingua introflessiva , nel senso che spesso il mutamento, come avviene talvolta anche in inglese, [4]  si verifica all’interno della parola : 

per esempio la radice             la  b  

                                                    ق ب لا        q – b – la

 contiene l’idea generale di  “accettare”  e da essa per introflessione si possono generare:

1. sostantivi e aggettivi come

       قبلا      qubla = bacio      qabila = tribù        muqabala = incontro

2.  verbi come             qabila = accettare      qabbala = baciare       qabala = incontrare

3. particelle   come    qabla = prima       qubayla = circa

 

Per quanto riguarda la morfologia l’arabo standard  presenta tre numeri: come il greco antico (singolare, plurale e duale [5]),           due generi (mas. e fem.)e la marca    ة at  (“ta  marbuta”)  serve per formare il femminile e presenta la dentale tipica delle lingue semitiche:

Es.:    طبِب tabib = medico      طبِبة tabiba = dottoressa 

                         جميل   gamil = bello            جميلة  gamila = bella

inoltre  insiste molto sulla  distinzione/contrapposizione  tra  il maschile e il femminile:

ad esempio  perfino il pronome personale di II persona che nelle lingue indoeuropee è generalmente invariabile, ( tu, you ecc.),  in arabo ha due forme :

                   anta  se ci si rivolge ad un uomoanti  per una donna.

 

    L’aggettivo si accorda con il nome in genere , numero e caso e, a differenza del cinese e dell’inglese, lo segue sempre     

     

    5        4        3      2                          1                2          3            4         5

  قريبة     مدينة    و    قريب     و بلد           madina   kariba    wa   balad  qarib 

                                                            una città  vicina   e   un  paese   vicino   

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[1] Attenzione!  La scrittura araba è destrorsa, deve essere cioè letta e scritta  da destra verso sinistra e così i libri in arabo vanno letti iniziando dall’ultima pagina, che per loro è la prima, e sfogliati all’incontrario.

[2]  Esempio di introflessione in inglese :  sing.  foot / plur.  feet,   sing. man / plur. men,                                    sing. goose / plur. geese.

[3]  Il duale però non è più usato nei vari dialetti e raramente nella forma parlata.

                             Image

                            

     Essendo l’arabo, lo abbiamo già detto,  una lingua semitica, come l’ebraico e il fenicio, ha in comune con queste due lingue il fatto di sottintendere, cioè di non scrivere, le vocali. 

    Quando infatti i Fenici inventarono l’alfabeto,  poi  adottato dai Greci che tuttora lo usano,  e modificato dagli Etruschi che lo passarono ai Romani, che lo tramandarono a noi, questo nuovo e geniale sistema di scrittura non prevedeva e comprendeva i segni vocalici, che furono aggiunti dai Greci appunto. 

L’alfabeto arabo è costituito da  28 consonanti  e tre vocali  soltanto:       a     i      u      che,

se sono brevi vengono sottintese, se sono lunghe,[6] vengono segnate con l’aiuto di tre

consonanti :  alif   ا  (a)           ya    ي   (i)      e       wau    و   (u).

 

Per quanto riguarda le interrogative, anche l’arabo ha 

pronomi, aggettivi, avverbi interrogativi come      

      ماذا؟                 من؟                    مة ؟                     أين؟                      لماذا؟

 limadha?            àyna?               ma?                 màn          madha

    perché?              dove?                che?                     chi?            Che cosa?

Quando però l’interrogativa non è introdotta   da alcun  termine interrogativo  viene usata la particella      هل؟ = hal?

Scrittura e Arte

Essendo l’Islam,  la religione della maggior parte degli arabi, iconoclasta, la scrittura araba  è diventata una vera e propria forma d’arte e con versetti del Corano, scritti in modo elegante e decorativo, sono istoriate le moschee e tutti i più importanti edifici connessi con la religione.

Il versetto più famoso è quello del     Bismillahi’r Rahmani’r-Rahim

 

                                    

                                    Bismillahi’r-Rahmani’r-Rahim

                     “ In nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso”

 

Una  favoletta   in   Arabo

                                                               

Troisi : – Robbertoo,  ma tu ci capisci qualcosa?-

 Benigni : – Noo!,  un ci hapisco nulla!    Per me  questo  è    Arabo!!! – *

* Per capire qualcosa in questa favoletta del lupo e dell’agnello

seguire la numerazione per leggere in arabo,

(lingua che, come già detto,  si scrive e si legge da sinistra verso destra),

aiutarsi con i colori per individuare  le parole.


NOTE:

[1] Giuliano  Mion, La lingua  araba. Carocci ed.

[2] Solo il Corano e i libri per i bambini che imparano a leggere alle elementari, presentano

tutte le vocali nel testo,  per evitare incertezze e fraintendimenti

[3] Attenzione!  La scrittura araba è destrorsa, deve essere cioè letta e scritta  da destra verso sinistra e così i libri in arabo vanno letti iniziando dall’ultima pagina, che per loro è la prima, e sfogliati all’incontrario.

              Image

                                                                                                                                                                                                            Lum@ca.jpg

La Cina è vicina!

9 Apr

Pillole di cinese per docenti…

  

Perché : 

Sempre più spesso tra i nostri alunni, (soprattutto nella scuola primaria e nella media, ma da qualche anno anche nella superiore), ci sono studenti,             figli di immigrati extracomunitari, la cui lingua madre è il cinese o l’arabo, lingue particolarmente ostiche per noi occidentali i cui  idiomi appartengono tutti, o quasi, al ceppo indoeuropeo.

  Consapevoli di non poter pretendere da  insegnanti didatticamente       normo-dotati,  quali noi per la maggior parte siamo, anche la conoscenza di suddette lingue, pur tuttavia  non ci sfugge quale valenza didattica potrebbe avere,  se nella classe  ci fossero  alunni di cinese o arabo  L1,  masticare un po’ di cinese o di arabo.

         E come si fa?                             

  Niente paura! 

      Basterà che il docente di buona volontà conosca in linea di massima e per sommi capi come queste due lingue funzionano : un corso accelerato di circa quaranta ore può dare per lo meno un’ idea delle caratteristiche basilari di queste lingue e aiutare ad orizzontarsi tra ideogrammi e “salamelecchi”.

La Cina è vicina! 

        Il cinese   fa parte delle  lingue cosiddette isolanti,                                                                                          “in cui le parole tendono a non avere struttura interna; in altri termini, ogni parola tende ad essere composta da un solo morfema,  (i morfemi, dunque, non si combinano mai tra loro)”, e  “ogni parola (quindi ogni morfema) esprime uno ed un solo significato, sia esso lessicale o grammaticale”. [1]

Quindi nomi, pronomi, aggettivi non hanno il genere, e spesso nemmeno il numero,                                e non si declinano.

L’articolo non esiste:

quello determinativo è sostituito dall’aggettivo dimostrativo 这  zhè(questo), oppure (quello)

quello indeterminativo dal numerale       yi  =  uno

Il pronome personale rimane invariato; 

l’aggettivo, quando ha valore di attributo, va sempre messo, come in latino o in inglese,                  davanti al nome.

 L’aggettivo possessivo è formato dal    pronome personale  +   (de)

                              

                                  Es.:        的     爸爸     是       老師

                                               Wo de   baba    shi     laoshi

                                                 Mio     padre    è     insegnante

 I verbi cinesi non si coniugano.                                                                                                                                    Per indicarne i tempi e i modi basta il contesto o un avverbio di tempo  o l’aggiunta di una particella.

Il seguente ordine  delle parole è rispettato quasi da tutte le frasi cinesi :

Avverbio o complemento di tempo + SOGGETTO + compl. indiretti + VERBO +
OGGETTO  + Compl. di qualità  formato da 

(dé) + aggettivo  o  avverbio              

  Es.:      今天                                

             Jintian    wo    ni      shuo    dé  hao

              Oggi     io     a te     parlo     bene     

 

 Pronuncia    del  cinese                                                                              

 Per quanto riguarda la pronuncia,  il cinese ha poche e chiare regole                                                               e risulta ad un neofita  molto più facile dell’ inglese o del francese, ma…

 …bisogna tener conto dei  toni . [2]

 Infatti in cinese mandarino (lingua della famiglia sino-tibetana) vi sono quattro toni,

 (il tono è una proprietà che caratterizza i suoni sonori, cioè i suoni che prevedono, nella loro articolazione, la vibrazione delle corde vocali): è possibile che due parole, con significato diverso, siano uguali in tutto, ad eccezione del tono”.

Le parole che seguono hanno lo stesso suono e si differenziano effettivamente solo per il tono:

tono           parola:                    ideogramma                    significato:

 1°                yī                                                                           1   (numero)

2°                yí                                                                                     ‘sospetto’

3°                 yǐ                                                                           ‘poltrona/sedia’

4°               yì                                                                                   ‘significato’

 

In cinese mandarino, perciò, i toni sono fonologicamente e semanticamente pertinenti:

essi infatti consentono di distinguere i significati delle parole.

Per quanto concerne la sintassi, il cinese viene normalmente classificato tra le lingue SVO.

                               Soggetto – Verbo – Oggetto     

Da queste poche e brevi annotazioni si può comprendere che il  cinese dal punto di vista morfologico e sintattico non è difficile per chi come noi è abituato a lingue, antiche e moderne, estremamente flessive come il latino, il greco, il tedesco, l’italiano ecc., dotate per giunta di innumerevoli verbi irregolari.

       La vera grande difficoltà del cinese è

  • nel lessico, completamente diverso da quello dell’indoeuropeo, 
  • nei quattro toni in cui le parole possono essere pronunciate,
  • nella scrittura ideografica, costituita da migliaia di caratteri,                                                                 uno diverso dall’altro e tuttavia uno simile all’altro,                                                                                 tante zampette di mosca che fanno venire il mal di testa solo a guardarle…                                                                       

… ma questo non ci deve scoraggiare, perché per nostra fortuna l’informatica ci viene in aiuto

e ci fornisce programmi di scrittura cinese veramente facili da usare, come quello che sto

ora usando io! 

人子 好大 口我 中四 爸爸

                                               

  Un  po’ di cinese  per voi …   

 我          

 我                                                                                                  

 wo      ni        zhù         hao       wèi  kou     

  Io     a te      auguro     buon        appetito

_____________                                                                                                          

               好胃口           

         好                 胃口                    

      Buon         appetito                                                                                           

      Hao            wèi  kou

___________________

                        你  ?                                                             

                                   ?                                                                

 Domanda : Ni   mang  ma ?                 Risposta :       Wo    hen    mang

                    Tu  (sei) occupato ?                                            Io    molto  occupato

吗 = particella interrogativa  =  ma ?

   =  mang = occupato

____________________

 Pronomi personali cinesi…

  我     wo  =  Io                            ni  = tu                           ta =  lui / lei

 我們   wo men = noi         你們    ni men = voi        他們    ta men = loro

                                                      

      

   你       

   Ni    Hao  =   Salve      

                              

   Domanda :   ?        

                                  ?                                                                                                                                                                                                                                                            

                       Ni    hao    ma ?                                                           

                       Tu    bene  ?        (Come stai?)

 Risposta :              

  很                                                                                                                                                          .                                  hen  hao   =  molto bene

 Hao        = buono, bene

_________________

    我   wo  =    io

    是   shì  =   sono

老    师                                                                                                                                   laò  shi  =  insegnante                                                                             

   是 老  

我     是     老                                                                                                                                                                 Wo   shì    laò shi                                                                                                                                                             Io    sono  un’insegnante

     ren               =   z i  = figlio, bambino            =  dà = grande

uomo (persona umana)                                                                                             

  nu  =  donna      男子  =   nan zi  =  uomo  

 男人  =  nan ren  =  uomo

  =  nu ren  =  donna            = kou = bocca    

 

  =  tian = giorno, cielo, paradiso        an = pacifico, tranquillo       ménporta

Piazza   天  安  門

Tian’an mén  = Piazza delle tranquille porte del cielo                                                                                  

     

 

            Le  proposizioni  interrogative  in  Cina…       

 

Anche in Cinese ci sono pronomi, aggettivi, avverbi interrogativi                                                                 che servono ad introdurre le domande :

     shén me ?           wèi shén me ?            hé   ?           wèi hé   ?           zen  me ?

        什  么?                为   什   么?                            为                  怎    么?

Che ?  Che cosa?          perché ?                che ?                 perché ?                  come ?

    

zen  me  le  ?            zen me yang ?           na?               na’ er ?                     duo  me ?

怎    么                 怎     么    ?              ?             哪  兒                     多    

cos’è successo               com’è ?                   quale ?      dove ? quale posto ?        quanto ? (avv.)

 

duo shao ?         duo shao qian ?          na  ben  bào zhi ?         shén me  shi  hou ?            lì ru  ?

  多   少              多    少     錢              哪   本    報     紙            什    么    侍    候?              如 ?

 quanto ?                 quanto  costa ?           quale   giornale ?                      quando ?                  come ?

 ________________________________________

         

Ecco un breve dialogo con domande e risposte tra due cinesi :

 王明  Wang Ming  e  李红  Li  Hong …

王明  :    我                .      你  呢  

                   Wo   qu   diàn    ying.       Ni  ne?

                  Io   vado  al  cinema.      E  tu  ?

李红 :     也  許 ”  

                  Ye  xu .   “Forse…”

王明  :      “ 一 之,    你  去,    不   

                    Yi  zhi,    ni   qu,   bu     qu ?

               Insomma,   tu  vieni  o  non    vieni ?

李红:       “  ,     好   的.     我     也                   .”

Shì ,  hao  de.     Wo   ye       lai      diàn   ying.

                     Sì,    va bene.    Io  anche  vengo al cinema.


E   questa è una favoletta  in  cinese…                                    

 

Láng      hé       xiǎo yáng

    狼                 小                                                                                                                                                            Il  lupo     e       l’agnello

Yǒu   yī     cì   yī  zhǐ       láng        duì  yī  zhǐ     xiǎo yáng  shuō:

有          一  只                   对  一  只      小    羊       :

Una  volta         un         lupo        a   un           agnello         dice :

« Wǒ        xiǎng        gēn         nǐ         jiāo  péng you.         Nǐ   ne ?

                                   你         交   朋    友 .           你   呢

“Io      desidero    essere     tuo            amico .                 E    tu?”

xiǎo yáng       huí dá  shuō:         “ Wǒ    yě    xiǎng        gēn         nǐ        jiāo   péng you.  ”

 小  羊            回  答  :                                                             朋    友 

  L’agnello         risponde :         “ Io    anche   voglio     essere    tuo         amico.”

Nà  láng     wèn :       Jīn tiān     wǒ men           yīqǐ        qù       sēnlín    ma ? .* [3]

                       问:        今 天        我 们     一起               森林      吗?* 

Allora  il  lupo  chiede :   “  Oggi    noi due    insieme   andiamo   nel   bosco ?

xiǎo yáng      wèn :            Wèi shénme ?

     小  羊           问:           “ 为    什么?    

     L’agnello  chiede :            “Perché?”

   Láng      hǎn jiào   de  shuō  :           “ nǐ      qù      bú      qù ?

     狼         喊 叫      地    说    :          “ 你     去      不      去? ”   

Il  lupo     urlando         dice:             “ Tu     vieni  o non     vieni ? ”

  xiǎo yáng    :    «   Wǒ     bú    qù! »

 小    羊       :     “   我     不     !

L’agnello       “    Io      non   vengo!”

Nà     láng    shuō  :       “nǐ         zài  yě    bú   shì      wǒ  de     péng you !”

 那              说     :    “          再  也     不    是       我  的      朋    友 !  

Allora   il lupo  dice :   “ Tu        più    non       sei       mio           amico!”

Yīncǐ   láng       ba    wú  gū    de     xiǎo yáng    chī   diào

因此             把     无  辜         小    羊       吃     掉!

Perciò  il   lupo     l’innocente         agnello      mangia   .


______________________________


[1] Nicola  Grandi,  Tipologia linguistica, mod. 5-  Italiano lingua 2, lingua di contatto, lingua di culture. MIUR

[2] Caratteristica del tono:  Simbolo:  –   Caratteristica del tono:         Simbolo:

Tono 1: alto costante                              Tono 3: discendente-ascendente    ˇ

Tono 2: alto ascende              ´                 Tono 4: alto discendente                `

il tono 1 parte dal livello massimo e si mantiene costante in tutta la sua durata.

Il tono 2 invece parte da un livello medio-alto e raggiunge poi il livello massimo.

Il tono 4 segue il percorso inverso: inizia con il valore massimo e scende poi al minimo.

Il tono 3 è quello dalla modulazione più complessa: parte da un livello medio-basso, scende al minimo e risale poi fino al valore 4, dunque quasi al massimo.

[3] * Anche in cinese se un’interrogativa non è introdotta da alcun termine interrogativo aggiunge,

(come in latino –ne), alla fine della  frase  una particella interrogativa : 吗? ma

Persuasione e Retorica: Il testo argomentativo in Manzoni

19 Mar

Nel mio precedente post sostenevo che il     romanzo “I Promessi Sposi” ben si presta  a permettere che gli studenti possano avere a scuola un incontro ravvicinato con il testo argomentativo, in quanto l’opera è di per sé tutta una lunga, elaborata e subliminale argomentazione.

Eccomi qui a riprendere e completare questo tema in una sede  forse più adatta ad un tentativo di analisi argomentativa.

Quando lo scrittore si accinge all’opera, varie sono le motivazioni e le istanze che lo spingono a scrivere il romanzo, “quel romanzo”…

C’è il motivo ideologico – politico, c’è quello filantropico e sociale, quello linguistico – letterario, e soprattutto quello filosofico e religioso.

Soprattutto l’istanza religiosa gli urge: deve far pervenire ai suoi lettori un messaggio, “il messaggio”…

Da fervente cattolico giansenista qual era diventato dopo anni di ateismo, Manzoni era convinto che solo la grazia e la provvidenza divina possano salvare il genere umano e che nulla possa fare l’uomo con le sue sole forze, con le sue limitate capacità, per risolvere i problemi, superare gli ostacoli e le difficoltà che nel corso della vita il destino  gli oppone in continuazione:                                 può solo rimettersi alla volontà di  Dio e sperare nella sua grazia salvifica.

Tema, questo, già ampiamente dibattuto e divulgato qualche secolo prima da Lutero e da Erasmo da Rotterdam.

Anche Manzoni del resto, come Leopardi, non crede più alle “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità, tanto esaltate e decantate dagli Illuministi.

Dunque se la tesi è questa,  lo scrittore lungo tutto il romanzo disseminerà prove che la suffraghino e la supportino.

“Questo matrimonio non s’ha da fare né domani, né mai!”,  

dicono i Bravi di don Rodrigo a don Abbondio che, “disposto sempre all’obbedienza” com’ è, l’indomani si rifiuta  di celebrare le nozze tra i due promessi, i quali invece, poverini, cercheranno in tutti i modi di coronare il loro sogno d’amore con il sacrosanto matrimonio.

Ma tutto quello che tenteranno di fare per risolvere il  loro problema, diventare marito e moglie e sfuggire alle grinfie di don Rodrigo, verrà vanificato da una forza occulta che prende  di volta in volta  le sembianze di vari personaggi nel ruolo di antagonisti lungo un percorso sempre più difficile, accidentato e intricato                                                                                                                                         1)     Renzo, consigliato  da Agnese, tenta la strada della giustizia e si rivolge ad un avvocato, ma viene cacciato in malo modo dal dottor Azzeccagarbugli che si rifiuta di aiutarlo.

2)     Interviene Fra’ Cristoforo e prova la via della mediazione, della diplomazia, della persuasione, della supplica, dell’ammonizione nei confronti di Don Rodrigo, ma fallisce e a sua volta viene scacciato dall’arrogante signorotto. 

3)    Sempre su suggerimento di Agnese, si tenta nella famosa                                  “notte degl’imbrogli”,  il matrimonio “fai da te”, all’insegna                               dell’“aiutati che Dio ti aiuta”, e sappiamo tutti come va a finire.  

4)     Nuovo intervento di Fra’ Cristoforo,   nell’intento di mettere in salvo Lucia che Don Rodrigo  ha tentato di far rapire; ma la Signora, alla cui protezione la ragazza viene affidata, diventa lo strumento di cui l’Innominato si serve per il rapimento, commissionatogli da Don Rodrigo, e questa volta andato a buon fine. 

Per giunta Renzo a Milano si mette nei guai con la giustizia, viene arrestato e sta per essere tradotto in carcere, riesce a fuggire e a rifugiarsi nel territorio di Bergamo, allontanandosi ancora di più dalla sua promessa sposa e dalla possibilità di sposarla davvero.

E allora?

L’uomo non può fare nulla per risolvere i suoi problemi?                                                    Non è in grado di  opporsi alle forze del male che lo aggrediscono e rischiano di annientarlo?

Come può salvarsi dunque?   Che cosa mai deve fare?

La risposta che dà lo scrittore a queste angosciose domande che da sempre assillano la coscienza degli uomini è che non bisogna fare nulla, ma semplicemente aver fede in Dio, rimettersi alla Sua volontà, sperare nella Sua divina Provvidenza,  pregare…

Già  nelle parole di Lucia, mentre la poverina, costretta a fuggire, dà l’addio ai suoi monti, è possibile notare questa fede profonda e incrollabile che, insieme a Fra’ Cristoforo, solo lei nel romanzo è capace di provare:

Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto, e non turba mai la gioia  de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande”.

Ma l’ingarbugliata matassa delle vicende e delle sventure dei due sposi promessi  incomincia a sciogliersi solo quando Lucia, sola e terrorizzata nel castello dell’Innominato, disperata e angosciata,

in quel momento si rammentò che poteva almen pregare, e insieme con quel pensiero, le spunto in cuore come un’improvvisa speranza.                                           Prese di nuovo la sua corona, e ricominciò a dire il rosario; e di mano in mano  che la preghiera usciva dal suo labbro tremante,  il cuore sentiva crescere una fiducia indeterminata” [ ]

   “S’alzò, e si mise in ginocchio, e tenendo giunte al petto le mani, dalle quali pendeva la corona,  alzò il viso e le pupille al cielo, e disse:                                            – O Vergine santissima! Voi, a cui mi sono raccomandata tante volte, e che tante volte m’avete consolata! Voi che avete patito tanti dolori, e siete ora tanto gloriosa, e avete fatti tanti miracoli per i poveri tribolati; aiutatemi! fatemi uscire da questo pericolo, fatemi tornar salva con mia madre, Madre del Signore; e fo voto a voi di rimaner vergine; rinunzio per sempre a quel mio poveretto, per non esser mai d’altri che vostra. – 

Proferite queste parole, abbassò la testa, e si mise la corona intorno al collo, quasi come un segno di consacrazione, e una salvaguardia a un tempo, come un’armatura della nuova milizia a cui s’era ascritta. Rimessasi a sedere in terra, sentì entrar nell’animo una certa tranquillità, una più larga fiducia. Le venne in mente quel domattina ripetuto dallo sconosciuto potente, e le parve di sentire in quella parola una promessa di salvazione. I sensi affaticati da tanta guerra s’assopirono a poco a poco in quell’acquietamento di pensieri: e finalmente, già vicino a giorno, col nome della sua protettrice tronco tra le labbra, Lucia s’addormentò d’un sonno perfetto e continuo”.

In effetti, qualche ora più tardi, il suo aguzzino, l’Innominato, dopo una notte per lui insonne e terrificante, piena di dubbi, di dolore e di rimorso per i suoi innumerevoli delitti, decide, spinto da una forza misteriosa, di andare a parlare col cardinale Federigo e da quel momento in poi la sorte di Lucia, che sembrava segnata, avrà un subitaneo miglioramento : sarà infatti liberata, affidata alle cure del suo parroco e potrà riabbracciare la madre.

Anche per Renzo la soluzione dei suoi problemi, primo fra tutti quello di poter ritrovare Lucia, verrà solo dopo che avrà perdonato sinceramente il suo nemico agonizzante, come Fra’ Cristoforo lo invita a fare :

 “Forse la salvezza di quest’uomo  e la tua dipende ora da te, da un tuo sentimento di perdono, di compassione”…d’amore!

e dopo aver pregato :

Tacque; e, giunte le mani, chinò il viso sopra di esse, e pregò:                                     Renzo fece lo stesso”.                         

e di nuovo pregato :

Quando fu appiè della cappella, andò a inginocchiarsi sull’ultimo scalino; e lì fece a Dio una preghiera, o, per dir meglio, una confusione di parole arruffate, di frasi interrotte, d’esclamazioni, d’istanze, di lamenti, di promesse: uno di que’ discorsi che non si fanno agli uomini, perché non hanno abbastanza penetrazione per intenderli, né pazienza per ascoltarli; non son grandi abbastanza per sentirne compassione senza disprezzo. S’alzò alquanto più rincorato… ”  

E infine vale la pena di leggere la  conclusione  che il  Manzoni pone alla sua lunga argomentazione, lunga proprio quanto il romanzo:

“Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia.”

 Lum@ca.jpg

 

Persuasione e Retorica: Manzoni e l’argomentazione

7 Mar

Oggi, 7 marzo 2012, è il 227° anniversario della nascita di Alessandro Manzonicome ci ricorda premurosamente Google…

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    E allora prendo questo anniversario come pretesto per inserire in questo mio blog, da qualche tempo trascurato, (“Maiora premunt”!  ;), l’analisi, dal punto di vista argomentativo, di un brano tratto da “I Promessi Sposi”,  fatta qualche anno fa in un lavoro di approfondimento sulla “Centralità del Testo”, nell’ambito del corso di formazione  POSEIDON.

Del resto il romanzo di don Lisander è particolarmente adatto ad un’analisi del testo argomentativo in quanto, come cercherò di evidenziare nel prossimo post, è tutto un’argomentare da parte dello scrittore che ha una tesi da dimostrare e persegue pervicacemente nel suo intento capitolo dopo capitolo.

 Image

Sì, lo so, non si legge bene: ho dovuto trasformare il testo word in immagine e attaccarlo qui sopra per salvare i vari colori della legenda…                                                Se qualcuno sapesse indicarmi un altro sistema…                                                       gliene sarei molto grata!

Parliamo di Socrate…

20 Dic

Parliamo di Socrate…

(Caso di studio)

Socrate, figlio dello scultore Sofronisco e della levatrice Fenarete, visse ad Atene nella II metà del V secolo a.C. e aveva preso in moglie Santippe, donna buona e onesta ma oltremodo brontolona e petulante.

Il suo precipuo interesse era la filosofia, ma non quella che indagava la natura, bensì quella che aveva come oggetto di ricerca e speculazione l’uomo.

Egli sosteneva che la verità si trovasse dentro ogni essere umano e che il compito del filosofo, la sua missione, fosse esclusivamente quella di aiutare, ponendo continue e incalzanti domande, ognuno dei suoi concittadini e tirar fuori, a “partorire” la verità nascosta dentro di sé: con molta arguzia sosteneva quindi di esercitare la stessa arte di sua madre, quella della “maieutica”!

Come tutti i filosofi era distratto e aveva la testa tra le nuvole: il primo a sostenerlo in un suo dramma fu il suo concittadino e contemporaneo Aristofane che nella commedia “Le nuvole” rappresenta causticamente Socrate intento a volteggiare, sospeso nel cielo, tra le nubi.

Questa sua distrazione e la sua abitudine di andare in giro per la piazza principale di Atene a fare domande a destra e a manca, (agorazein,corrisponde al nostro andare a spasso, a zonzo), era motivo di continuo rimprovero da parte della moglie Santippe, che gli rinfacciava anche il fatto che per i suoi insegnamenti Socrate, a differenza dei Sofisti, non si facesse pagare dai suoi discepoli, costringendo la sua famiglia a vivere quasi nell’indigenza.

Seguiamo Socrate in una sua tipica giornata di “lavoro”: si alza presto, svegliato dagli strilli di Socrate junior, l’ultimo nato della nidiata e dal continuo brontolio di Santippe; si lava in modo molto approssimativo: a lui interessa la pulizia dell’animo, non quella del corpo!

Dopo aver fatto una sobria colazione, cerca di uscire, sgattaiolando per la porta secondaria, ma viene “placcato” da Santippe che lo apostrofa minacciosa:

“E dove credi di andare, Socrate, con quella tunica sporca, sgualcita e infrittellata? Le donne di Atene penseranno che io, tua moglie, sia molto trascurata e pigra, lasciandoti andare in giro così conciato! Se vuoi uscire, devi prima cambiarti: ecco una tunica lavata e stirata: mi raccomando, non sporcartela subito, come al tuo solito…”

Socrate, remissivo e paziente, risponde: “Va bene cara, mi cambio subito, ma tu per favore non urlare!”

Santippe: – …e ricorda che stasera viene a cena da noi mia madre; perciò arriva puntuale, – sei sempre in ritardo! – e non dimenticare di lavarti i piedi e le mani prima di sederti a tavola con noi…

Socrate: – D’accordo, mia cara, me ne ricorderò! Posso andare ora?

Santippe: – … e non dimenticare di farti pagare da quel tuo allievo ricco, come si chiama, Cretino…Cretone… non vedi come siamo ridotti… non porti a casa una dracma bucata e se non fosse per me che vado di qua e di là a fare servizi alle ricche ateniesi, i tuoi figli morirebbero di fame…

Socrate: – Si chiama Critone… e mai e poi mai mi farei pagare da lui o da qualunque altro mio discepolo… Chaire, Xantippe!

Detto questo, esce in tutta fretta, evitando per un pelo il mattarello che la moglie, inviperita, gli lancia dietro!

E così, contento e spensierato, se ne va in giro per Atene ad agorazein, a chiacchierare con questo e con quello, a fare continue, imbarazzanti domante a quello e a questo…

A un certo punto vede all’angolo della piazza il venditore ambulante di pesce in salamoia e s’avvicina, guardando golosamente le sardelle che galleggiano invitanti nell’orcio…

Il pescivendolo lo invita: “Suvvia, Socrate! Assaggia le mie sarde…dimmi se sono abbastanza salate!”

E così Socrate tuffa le dita nell’olio, pesca due sardelle succulente e se le ficca in bocca, masticando gioiosamente a bocca aperta… poi senza pensarci si pulisce le dita unte sulla tunica!

Tra chiacchiere e assaggini passa la giornata e il sole sta per tramontare: Socrate passeggia guardando su nel cielo: Espero, la prima stella della sera si è accesa e gli ricorda che la cena lo attende… ma chi guarda in cielo spesso non vede dove mette i piedi e così il nostro filosofo finisce in una pozzanghera e s’imbratta il lembo inferiore della tunica, i sandali, i piedi…e cercando di rimediare…si infanga anche le mani…

Gli viene incontro Critone, quello che Santippe sua moglie chiama cretino, e…

Critone: – Che fai ancora in giro, o Socrate? Si fa sera, e tu sarai affamato… Vieni a cena da me: ho fatto preparare un succulento banchetto e Aspasia, l’etèra* più bella di Atene, ci allieterà col suo canto e danzerà per noi…

Socrate, accarezzandosi il mento, (e sporcandosi anche quello!), incomincia a pensare che cosa gli convenga fare:

1. Affrettarsi a tornare a casa – è già molto in ritardo per la cena, la moglie e la suocera saranno furiose! -Accettare di buon grado i rimbrotti sacrosanti per la tunica unta e infangata, i piedi, le mani il viso sporchi, ed, esercitando la divina arte della pazienza, mangiare tra gli strilli dei bambini e le urla della suocera e della moglie, coalizzate contro di lui.

2. Accettare il gentile invito di Critone, cenare con lui, parlando beatamente di massimi sistemi, allietato dal canto e dalla danza di Aspasia, che non è avara delle sue grazie, cosicché la serata potrebbe avere anche una gradevole, erotica conclusione…

________________________________________________________* le “Etère nell’antica Grecia erano come le nostre “escort”, o anche come le geishe giapponesi!

1. Scegli tra le due opzioni quella che ti sembra la più giusta, o la più opportuna, o la più coerente, operando la tua scelta in base alle categorie recentemente studiate di Chronos e di Kairòs.

2. Ipotizza una terza possibilità: che cosa potrebbe o dovrebbe fare Socrate in alternativa alla prima e alla seconda ipotesi di azione?

_____________________________________
 Alcuni indizi…

1. Socrate è un filosofo, ed è un uomo buono e giusto, sinceramente affezionato alla moglie e ai figli con un forte senso del dovere.

2. Socrate, come tutti i Greci del suo tempo, (e molti uomini del nostro!), non riteneva la fedeltà da parte dell’uomo un ingrediente indispensabile per un matrimonio felice; di conseguenza non disdegnava di accompagnarsi ad altre donne e… praticava probabilmente anche la pederastia, che allora in Grecia non era moralmente condannata come oggi da noi lo è (giustamente!) la pedofilia.

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Chronos e Kairòs

20 Dic
           CRONOS  kai  KAIROS
              La concezione del Tempo nell’ antica Grecia
Learning Object   by MAP85
                                 
Kairòs (καιρός) è una parola che nell’ antica Grecia significava “momento giusto o opportuno” o “tempo di Dio”. Gli antichi greci avevano due parole per il tempo, Chronos e Kairòs. Mentre la prima si riferisce al tempo logico e sequenziale la seconda significa ” un tempo nel mezzo”, un momento di un periodo di tempo indeterminato nel quale “qualcosa” di speciale accade. Ciò che è la cosa speciale dipende da chi usa la parola. Chi usa la parola definisce la cosa, l’essere della cosa. Chi definisce la cosa speciale definisce l’essere speciale della cosa. È quindi proprio la parola, la parola stessa, quella che definisce l’essere speciale. Mentre chronos è quantitativo, kairòs ha una natura qualitativa. Nella lotta tra kairòs e chronos, kairòs è sempre perdente.
                                                                                                                  MAP

L’argomentazione…

18 Dic

Se per argomentazione si intende:

“l’insieme delle tecniche discorsive che consentono
di provocare o di accrescere l’adesione delle menti
alle tesi che si presentano al loro assenso”,

è assiomatico che con l’affermarsi della pratica argomentativa
nella società degli umani viene, (o dovrebbe essere), eliminata,
o per lo meno limitata, ogni forma di prevaricazione, coartazione, costrizione, coercizione basata sulla legge del più forte, legge tuttora generalmente imperante nel mondo animale dove vige appunto la selezione naturale,                       (il pesce grande mangia quello piccolo ecc.), e si affermano invece                              la civiltà della parola,(che espone, propone, spiega, confuta, conclude, convince, persuade…), e la supremazia di colui che risulta più convincente e/o persuasivo.

Ma quando è nata l’argomentazione?

Probabilmente quando per la prima volta nel Paleolitico superiore
un Homo sapiens sapiens, attratto da una femmina,
invece che costringerla a seguirlo nella sua caverna,
trascinandola per i lunghi capelli,


o imporle di fare coppia fissa con lui,
minacciandola o tramortendola con la clava,
tentò di persuaderla a sceglierlo come partner
e di convincerla che insieme a lui avrebbe avuto una vita migliore,
al riparo dalla fame, dal freddo e dai pericoli,
parlandole, (in paleolitichese naturalmente),
e promettendole cibo in abbondanza, soffici e calde e pellicce,
ed esibendo la sua muscolatura.

E insieme all’argomentazione nacquero così la civiltà e la democrazia!

Bisogna quindi  che gli studenti imparino ad argomentare e compito dei             docenti è:

“abituare i giovani al riconoscimento e all’uso
del testo argomentativo,
. sia orale che scritto, nella convinzione che
l’uso dell’argomentazione sia
un momento indispensabile nella formazione
di una coscienza civile e democratica
”.
(Margherita Callegarini

Viva il Congiuntivo (2)

9 Dic

Mercoledì, ore 9,  in classe:  lezione di grammatica italiana

 

PROFESSORE:   —    Allora, ragazzi,   riprendiamo il nostro discorso sul congiuntivo.

Se il povero Congiuntivo potesse parlare, direbbe, parafrasando Woody  Allen:

“Dio è morto e neppure io mi sento troppo bene”

(la classe finge di ridere per non deludere il prof,  famoso in tutto il liceo per le sue battute)

Ma siamo seri e torniamo al capezzale del malato!

No. Forse sarebbe meglio definirlo il “desaparecido” della lingua italiana!

Ma perché è sparito?

Ho già ampiamente illustrato nella precedente lezione due tra le principali cause,                                                                              ma il terzo motivo per cui chi parla, (o scrive), in italiano usa sempre più di rado                                                                                il congiuntivo, sostituendolo con l’indicativo è, a mio avviso il più grave.

Infatti le prime due ragioni della rarefazione del nostro congiuntivo,

(difficoltà oggettive sia di tipo strutturale che sintattico), sono determinate

dall’ignoranza e, si sa, all’ignoranza c’è rimedio: noi insegnanti siamo qui per questo!

Non è mai troppo tardi!

Ma la terza è ben più grave, perché provocata dalla protervia,

dalla presunzione, dall’assoluta mancanza di rispetto per gli altri,

insomma dall’INTOLLERANZA!!!

Se non vi siete ancora stancati di questa mia filippica e volete

sapere il perchè di questa mia profonda convinzione:

< Il congiuntivo sta sparendo dalla lingua italiana                                                                                                     perché è il modo della tolleranza e della democrazia >

ve lo spiegherò leggendovi un breve racconto allegorico di fantapolitica!

Questi ne sono i protagonisti :   GG         SN        SR         SA

ed il titolo è:

LA  BOMBA  E  IL  CONGIUNTIVO

 

Siamo in Pizzalia,  libera e indipendente repubblica  che deve il nome al suo piatto nazionale,  esportato e imitato (male) in tutto il pianeta Terra,  apprezzato perfino su Marte!  Anno 2033. Finalmente i centocinquanta e più partiti e partitielli, che pullulavano fino a qualche decennio fa,  sono stati ridotti al silenzio  e messi in salamoia!                                                                                                                Ora sulla scena politica della libera repubblica delle…arance sono rimasti soltanto tre grandi aggregazioni partitiche che si contendono i favori dell’ elettorato pizzalico:

il partito dei   Rossi  (tutti mancini)                                                                                                                                                                           quello dei  Neri   (tutti destrorsi)                                                                                                                                                                                  e quello degli  Azzurri (ambidestri e ambisinistri,  ambivalenti e svelti di mano).

Ognuno di questi partiti naturalmente vuole andare al potere a tutti i costi e servendosi di qualsiasi mezzo, (legale e non ).                                                                                                                                                    Così,  per la loro propaganda politica, (distribuzione di volantini, preparazione, posizionamento ed attivazione  di bombe molotov e bottiglie incendiarie, brillamento di candelotti di dinamite), hanno incaricato alcune imprese  di pubbliche relazioni, (altrimenti dette associazioni a delinquere),   che rispondono ai seguenti inequivocabili nomi:

Brigate Rosse                 Brigate Nere                 Brigate Azzurre

Quando tutti questi brigatisti, brigadieri e briganti si incontrano durante l’esercizio delle loro funzioni istituzionali e l’espletamento del loro diritto-dovere di turbare la quiete pubblica, ne scaturiscono zuffe gioiose,  allegre sassaiole, rimpatriate epocali fatte di abbracci furiosi e, grandi pacche sulle spalle, manganellate e quant’altro, con un tale  rimescolamento di colori da creare tutto un fantasmagorico arcobaleno.                                                                                                                                                                    Potremmo a questo punto darci un taglio e concludere con la solita e fatidica frase:

“…e tutti vissero felici e contenti!”

Sennonché…                                                                                                                                                                          …un brutto giorno qualcuno volle a tutti i costi esagerare  e..                                                                                                                 …pensò bene di collocare una bomba, di quelle potenti,                                                                                                                               (la madre di tutte le bombe, l’avrebbe definita Saddam Hussein!),                                                                           proprio sotto il Palazzo del Governo!

BUUMMM!!!

Saltò in aria il Palazzo con tutte le sue carabattole!!!                                                                                                  Per fortuna niente feriti, nessun morto: tutti i ministri, ( compreso il primo),  i sottosegretari, i portaborse, i commessi, i valletti, i nani, le ballerine e gli chauffeur erano in vacanza quel giorno!

Nella sede del “TEMPO da CANI”, il quotidiano più diffuso in Pizzalia,              (e più usato dai fruttivendoli per avvolgere l’insalata), il Direttore dà un incarico molto importante al Grande Giornalista , famoso Inviato Speciale,  inviandolo appunto ad intervistare i Segretari dei tre grandi ed unici partiti operanti nel Paese, per chiedere il loro personale parere sulla matrice della bomba.

Il Grande Giornalista si reca ad intervistare per primo il Segretario del partito dei Neri:

GG: – Siamo qui da lei, onorevole Segretario del PIENNE (Partito Nero), per chiedere un suo parere                     su chi POSSA essere stato il mandante di un attentato così efferato, così avventato, così attempato …                                       (l’ultimo aggettivo non c’entra niente, lo so, ma serve per la rima!).

Il Segretario del PN  gonfiando i muscoli e protendendo il mascellone, risponde:

S.PN: –  Io penso, ritengo e suppongo che la matrice dell’attentato  è di colore Rosso e che il mandante è sicuramente stato quel sinistroide sinistrato del Segretario  del PIERRE (Partito Rosso)!!!

GG: –  Ne è proprio sicuro?

S.PN: –  Non ho dubbi, né perplessità: la verità è proprio questa qua!

Poi il Grande Giornalista del “TEMPO da CANI” va nella sede del  PIERRE (Partito Rosso) e rivolge qualche domanda al Segretario:

GG: – Intervistiamo ora il Segretario del PIERRE  e domandiamo anche a lui che cosa ne PENSI dell’attentato: chi RITENGA  SIA stato la mente di un tale piano eversivo.

IL Segretario del Partito Rosso, alto e dinoccolato  e palesemente raffreddato, risponde con voce nasale:

S.PR: –  Mi sembra senza ombra di dubbio, anzi mi pare e quindi   ritengo che: ha messo la bomba qualcuno mandato da quel boiaccia, magnaccia del Segretario del PIENNE!!!

GG: –   Ma come fa a saperlo con certezza? Non crede che SIA arbitrario, velleitario e autoritario ipotizzare questo?

S.PR:   No, no!   Io voglio  che tu la dici ai tuoi lettori la verità!!!

Infine il Grande Giornalista   si reca nella villa-bunker del Segretario del Partito Azzurro   e prosternandosi gli chiede con deferenza:

GG: –  Illustrissimo ed eccellentissimo Segretario Azzurro, suppongo che lei   SIA stato già informato del terribile attentato al  Palazzo di Governo.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Posso permettermi di chiederle che cosa lei ne PENSI riguardo ai possibili responsabili di questo atto terroristico?

Il Segretario Azzurro sorride , mostrando i suoi sessantaquattro denti splendenti, (notare la rima baciata!), e  risponde:

SA: –  IO non penso, non ritengo, non suppongo:  IO  SO!  E voglio, anzi pretendo, che tu non fai,                                come siete soliti voi giornalisti da strapazzo, e non dici fandonie e non vogli0 che tu  fraintendi le mie parole!!!  Perciò ascolta bene:  la mia ipotesi, suffragata da prove indiziarie,     inconsistenti e inesistenti, è che questo inconcepibile attentato  è frutto degli opposti estremismi di destra e  di sinistra.

Vorrei che tu mi consenti  di dire la mia verità:

Le mani che hanno messo la bomba SONO di due colori:

Il ROSSO e il NERO!!!  (W  IL MILAN!!!)

GG:  Mi CONSENTA, eccellenza, di chiederle quali SIANO i nomi degli autori materiali dell’ attentato.

SA: –  I nomi???   Ebbene,  eccoli qua:   ROMOLO E REMOLO!!!!   😉

 

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PROF:   —    Roba da pazzi!

C’è di che far rivoltare nella tomba il povero Voltaire che, mi sembra, abbia scritto,  nel suo   “Saggio sulla Tolleranza” —  traduco liberamente   dal francese, ragazzi:   —

“Non condivido nulla di quello che pensi e che dici, ma sarei pronto a dare la vita perché tu POSSA continuare a pensarlo e a dirlo!”

                                                                                      (M. Antonella Perrotta)