Nel forum del nuovo corso del prof. Andreas Formiconi,
è nata l’idea di cimentarsi nello storytelling…
Tutto è iniziato da un post che Andreas ci ha proposto…
http://iamarf.org/2013/04/09/le-voci-degli-ultimi-ltis13/#comment-13674
in cui si parla del film documentario Mare Chiuso, di Stefano Liberti e Andrea Segre, “nel quale si affronta la tragica vicenda che vide protagonisti gli immigrati africani respinti in territorio libico nel canale di Sicilia dalla marina militare e dalla guardia di finanza italiana, in seguito agli accordi tra Gheddafi e il governo italiano”.
L’idea di questi “Racconti intorno al fuoco” è nata così, dal commento di qualcuno nel gruppo…
“Avevo già visto da qualche parte il video “Mare Chiuso”; ne ero rimasta indignata e sconvolta… Mi è venuta allora l’idea di scrivere un inizio di racconto di pseudo-fantascienza da proporre ai miei alunni, chiedendo loro di continuare a scriverlo in wiki. Visto però che hai dato a tutti noi questo input, Andreas, vorrei proporre ai miei compagni di corso un’esperienza di storytelling, invitandoli ad un’attività di scrittura collaborativa, (wiki), cioè a continuare il racconto, dal momento che abbiamo anche lo strumento adatto, il pad… Dovrebbe essere come sedersi intorno ad un fuoco acceso, nel nostro villaggetto, e raccontarsi a turno delle storie, anzi un pezzo della storia relativa all’argomento proposto…”
Ecco l’inizio del racconto alla cui stesura sono invitati tutti a partecipare in un’esperienza di scrittura creativa e collaborativa, in cui ognuno riverserà il suo background, le sue idee, il suo vissuto…
E’ fantascienza, ma può diventare realtà…
Siamo nel 2213 d.C. ed il pianeta Terra è interessato da una nuova glaciazione che sta provocando un avanzamento dei ghiacci verso regioni che fino a 200 anni fa godevano di un clima temperato che permetteva lo sviluppo sociale ed economico ed il fiorire della cultura e delle arti in ogni forma e in ogni campo.
Anche l’Italia, un tempo fiore all’occhiello dell’Europa, si trova stretta nella morsa del freddo e del ghiaccio e quasi ogni giorno gruppi sempre più numerosi di Italiani, Francesi, Spagnoli, Tedeschi, Svizzeri e, per farla breve, di tutti i popoli europei, si vedono costretti a cercare rifugio e migliori condizioni di vita più a sud, dirigendosi a bordo di navi, motoscafi, barche a vela, gommoni, zattere, vasche da bagno… verso l’Africa che ora, grazie alle mutate condizioni climatiche, gode di un meraviglioso clima temperato.
Il Sahara, un tempo il più esteso deserto della Terra, è diventato un nuovo paradiso terrestre, campi fertili, giardini, orti, sono una delizia per gli occhi ed offrono cibo in abbondanza a tutti gli abitanti, un tempo costretti dalla siccità e dalla carestia ad emigrare, e ai numerosi animali che popolano il cosiddetto continente nero, che dopo millenni di sofferenza e di abbandono è di nuovo al centro dello sviluppo e del progresso come ai tempi degli antichi Egizi…
In questo continente così felice e prospero si sono formati due partiti: quello degli Integralisti Vendicativi, che non hanno dimenticato tutti i soprusi, le angherie, le sopraffazioni, le violenze subite dai loro antenati, costretti dalla povertà e dalle carestie ad emigrare e a cercare migliori condizioni di vita, o almeno la sopravvivenza, al nord, oltre il Mediterraneo, verso i Paesi ricchi e progrediti, (ma non sempre civili), dell’Europa.
Costoro al grido di “L’Africa agli Africani!” pattugliano tutte le coste, dal Marocco alla Somalia, respingendo e ricacciando in mare, nelle ormai gelide acque del “Mare Nostrum”, chiunque fosse intenzionato a sbarcare nella loro terra, tornata ora ricca e fiorente, perché egoisticamente non vogliono condividere il loro ritrovato benessere con degli stranieri, che non parlano la loro lingua, non praticano la loro religione e sono per giunta orribilmente bianchi di pelle, bianchi appunto come i ghiacci che stanno seppellendo i territori dai quali provengono.
Poi ci sono , ma purtroppo costituiscono una minoranza, coloro che hanno creato il partito “W l’Umanità”, che hanno studiato e ricordano bene la storia, non solo del loro continente, ma dell’intero pianeta Terra, quando il primo vero uomo, ancora tanto simile fisicamente ad una scimmia, ma completamente diverso nell’intelligenza e nella coscienza, proprio dall’Africa, a gruppi più o meno numerosi, era emigrato a nord, ad est, a sud, ad ovest… Questi ultimi considerano i nuovi arrivati come dei fratelli, dei parenti più o meno lontani, degli amici da accogliere ed aiutare, in nome della comune “humanitas” e dell’identico DNA, a dispetto del colore della pelle, dei capelli, degli occhi…
aprile 9, 2013 alle 9:26 pm
antonella_perrotta@yahoo.it
(continua tu…)
I primi europei che riescono a sbarcare in terra d’Africa, dopo aver sperimentato fame, freddo e paura, si trovano accolti da alcuni volontari, un gruppo sparuto di persone che crede giusto dare un pasto caldo e un tetto sulla testa a persone che hanno viaggiato, inermi e disperati, per lunghissimi giorni o mesi in mezzo al mare.
Ma subito nascono le difficoltà: è difficile comprendersi. Anche solo per sapere in quale direzione spostarsi per essere registrati dalle autorità locali, occorre usare i gesti, lo sguardo e l’umanità. Ma in lontananza, si vede giungere un gruppo di uomini dagli sguardi non troppo accoglienti; sono gli appartenenti al partito “l’Africa agli Africani” pronti a fare di tutto per espellere i nuovi arrivati, prima ancora della loro identificazione.
Il terrore avvolge come una densa nuvola di fumo tossico, l’intera sponda di mare.
Letizia aprile 10, 2013 a 10:30 am
(continua tu…)
Un gruppo di italiani, da poco sbarcati, incominciano a pensare che avrebbero fatto bene ad accogliere i
” vù cumprà” , quando tentavano di vendere oggetti nelle strade per poter sopravvivere. E’ troppo tardi adesso, vorrebbero non sentire le voci di alcuni che gridano: “Tornate a casa “.
E adesso? i BIANCHI proveranno a lavorare come stagionali in NERO…
maria campagna aprile 12,2013 a 5:32 pm
maricamp58@gmail.com
(continua tu…)
‘…dalla subnet libera si diffonde la notizia di una guerra imminente. L’Unione degli stati del Nord ha appena dichiarato guerra all’Africa Unita. I messaggi di trattative diplomatiche frenetiche si susseguono a servizi riguardanti attacchi sul confine con la Turchia.
Gli immigrati cercavano disperati una via d’uscita, alla fine un colonnello inglese in pensione, con la testa bianca come la neve al sole di marzo, suggerì di appellarsi al trattato internazionale del 2113, dove veniva sancito il diritto di asilo temporaneo a patto che i cittadini ospitati riuscissero a dimostrare di essere utili al paese ospitante.
Una giovane donna, dai capelli rossi come il fuoco, precisa ed efficiente stava organizzando un’assemblea di tutti i migranti, per censire le competenze spendibili e decidere il da farsi. Dalla subnet venne scandito l’annuncio dell’invio di missili sulla costa occidentale del Marocco…poi le comunicazioni si interruppero…”
Graziano Ferro 15/04/2013 alle 10:11 pm
appuntinrete.wordpress.com/
graziano.ferro@gmail.com
(continua tu…)
Perfetto, in terra straniera, senza diritti ed ora senza notizie.
Il blackout informativo, ingigantiva il senso del pericolo …
Non fosse stata la dura realtà , avrebbe potuto anche essere un canovaccio da cui trarre la trama di qualche film catastrofico.
Erika- così si chiamava la donna dalla testa di fuoco – abituata a ragionare in fretta, si rese subito conto che qualsiasi attività sarebbe stata meglio dell’inazione poiché avrebbe distratto tutti loro e impedito il sorgere del panico.
Con altri due volontari, ritornò al suo censimento.
Thomas- il colonnello- abituato alle strategie, riconobbe la manovra e a sua volta chiamò a raccolta un gruppetto di persone che …”
(continua tu…)
Thomas- il colonnello inglese – esperto di strategie militari e avvezzo alle emergenze, riconobbe la manovra e a sua volta chiamò a raccolta un gruppetto di persone che … apparivano disorientate e isolate, stremate dalla lunga e difficoltosa traversata; sembravano naufraghi, fortunosamente approdati a quella costa.
Rivolse loro la parola, cercando di usare un tono di voce rassicurante:
“Come on, please, come here!”
Nessuno si mosse o diede l’impressione di aver udito il suo richiamo; rimasero là, alcuni accovacciati, altri distesi sulla sabbia, accanto al gommone incerottato e ormai sgonfio che doveva averli portati fin là, troppo esausti e disorientati per reagire alle sue parole.
Il colonnello si avvicinò a quel manipolo di disperati e, pensando che non avessero sentito, pronunciò con voce stentorea quello che ormai sembrava più un comando che un premuroso invito:
“Come on! Stand up and answer my questions, please! Who are you? Where are you from?? Where you plan to go???”
E con la punta del suo stivale, ancora incongruamente lucido, sfiorò il piede nudo di quello che pareva un relitto, lasciato là, sul bagnasciuga, dalle onde.
Improvvisamente il fagotto informe si animò, come azionato da un meccanismo a molla, e scattò in piedi, ergendosi in tutta la sua… esigua statura e, guardando con occhi feroci da sotto in su il colonnello inglese, urlò con quanto fiato aveva nei polmoni:
“Ueh! ma tu che vuò’ ‘a me? Lassame stà, ca sinnò so’ uàje pe’ té!”
E agitò il piccolo pugno sporco di bitume sotto il naso del colonnello, allibito e basito.
(continua tu…)
“Wh…at?… What?… ” articolò con voce strozzata il colonnello. Aveva perso il suo aplomb e appariva visibilmente imbarazzato in quella situazione che non riusciva a comprendere, tanto meno a controllare. “I can’t… I don’t understand you! Tell me: who are you? where are you from?!”
Ma le sorprese non erano finite per il povero colonnello… Da quello che sembrava solo un mucchietto di stracci spuntarono due occhietti neri e vispi, che tradivano paura e curiosità in parti uguali.
Poi un’altra personcina si materializzò sotto lo sguardo perplesso dell’inglese e rizzandosi in piedi su due stecchi di gambe, con le manine rovesciate provocatoriamente sui fianchi, la testa arruffata di riccioli neri, lo apostrofò con una vocina stridula e spavalda:
“Ueeeh! Ma tu chi si’!? Che vuò!?? Lassa sta’ a Pascalino, ca sinnò te dong nu càucie!!!”
Se avesse potuto comprendere la minaccia, difficilmente il colonnello ne sarebbe rimasto impressionato o se ne sarebbe preoccupato: i piedini nudi di quello scricciolo non avrebbero potuto costituire alcun pericolo per le sue gambe, inguainate e protette dagli stivali di cuoio nero…
Tuttavia ora erano due, e quei due lo guardavano da sotto in su con aria di sfida, e le loro parole, benché incomprensibili, suonavano ostili e incongruamente aggressive…
Il colonnello Thomas batté in ritirata, indietreggiando e incespicando, e andò alla ricerca di aiuto.
Decise di rivolgersi alla donna dai capelli rossi che aveva intravisto poco prima.
La trovò intenta a compilare su un grande taccuino la lista dei profughi che le si erano accalcati intorno,
isolati o a gruppi, come naufraghi intorno ad una ciambella di salvataggio.
“Excuse me… Help me, please! I found two children … but they don’t speak our language …
I can’t understand them … ”
Erika, la rossa, comprese a volo e rispose con marcata inflessione che tradiva le sue origini elvetiche:
“Don’t worry, ser, I’ll take care…” e seguì il colonnello che la guidò, oltre la duna, fino ai due bambini che
si erano nel frattempo seduti sulla rena e giocavano con sassolini e conchiglie.
“Oh, poor, poor kids! Are you alone? Your mother isn’t there? Where is your father?”
I due bambini alzarono gli occhi e fissarono i capelli rossi i e le lentiggini di quella donna
che parlava “strano”, ma sorrideva rassicurante.
Erika si frugò nervosamente nelle tasche della giacca di tweed e scovò due Ricola; le porse ai bambini :
le afferrarono e scartocciarono con incredibile rapidità, se le ficcarono in bocca e incominciarono a succhiarle rumorosamente.
“Hmm! Dark eyes and black hair… Spanish or Italian children, I presume…! Si rivolse alla bambina:
“Come on with me, baby!”.
La piccola afferrò la sua mano, si alzò e si avviò con lei, seguita dal fratello che a testa china faceva schizzare di qua e di là, calciandoli, i sassi che incontrava sulla sua strada. Chiudeva la processione il colonnello che avanzava, alto e dinoccolato, con passo marziale.
In pochi minuti furono al punto di ritrovo; la donna dai capelli rossi, congiunte le mani come se volesse pregare, le appoggiò alla bocca per amplificare la voce e urlo:
“Attention, please! Is there someone who speaks Spanish or Italian?”
Ripeté poi la domanda nelle sue due lingue madri…
“Attention, s’il vous plaît! Y at-il quelqu’un qui parle espagnol ou italien? ”
“Achtung, bitte! Gibt es jemanden, Spanisch oder Italienisch spricht? ”
Si udì un tramestio in mezzo alla folla dei profughi…che si agitò, rumoreggiò, si aprì per fare ala al passaggio di una robusta signora di mezza età, che indossava uno strano cappellino nero con la veletta…
“Moi… c’est moi! Je suis Madame Tulipe… Je parle un peu italien, parce-que mon premier mari était un Piémontais… ”
(continua tu…)
_______________________________________________________________________
Ho chiesto ad un blogger incontrato per caso nel web… (beh, non proprio per caso, mi è stato segnalato da tnt54) 😉 di partecipare al nostro storytelling…
Inserisco qua il suo indirizzo blog e per la proprietà commutativa dovrebbe apparire il backtrak nel suo…
http://masticone.wordpress.com/
http://masticone.wordpress.com/2013/04/22/noe-era-un-imbroglione-e-pure-un-ausiliare-del-traffico/
Tag:piratepad, scrittura collaborativa, storyrtelling, wiki